La tassazione separata - Avvocato Penalista Napoli e Isernia. Avvocati Penalisti Napoli

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La tassazione separata

Rubrica a cura del
Dott. Giuseppe Di Nardo
già Magistrato di Cassazione e Giudice Tributario
 
LA CASSAZIONE E LA TASSAZIONE SEPARATA
(Aggiornamento marzo 2020)

1) Le recenti sentenze gemelle della Corte di Cassazione
Con le sentenze nn. 3581, 3582, 3583 e 3584, tutte emesse dallo stesso Collegio nelle pubbliche udienze del 10/10/2019 e depositate il 13/02/2020, la Suprema Corte premette di ritenere condivisibile l'interpretazione della norma di cui all'art.17 TUIR contenuta nella circolare n.23/E del 1997 dell'Agenzia delle Entrate secondo la quale “l'applicazione del regime di tassazione separata deve escludersi ogni qualvolta la corresponsione degli emolumenti in un periodo d'imposta successivo deve considerarsi fisiologica rispetto ai tempi tecnici occorrenti per l'erogazione degli emolumenti stessi”. Quindi, ricordata la ratio della c.d. tassazione separata (attenuare gli effetti della congiunta applicazione del principio di imputazione per cassa  dei redditi da lavoro dipendente ed assimilati con quello di proporzionalità dell'IRPEF), fa rilevare che nella Relazione Illustrativa della legge con cui fu formulato il vigente art.17 cit. era affermato che ai fini della tassazione separata assumono rilievo le situazioni di carattere giuridico (sopraggiungere di norme legislative, sentenze o di atti amministrativi) e quelle consistenti in “oggettive situazioni di fatto che impediscono il pagamento di somme entro i limiti ordinariamente adottati dalla generalità dei sostituti d' imposta.”
Deduce quindi che, “secondo il dato letterale” dell'art.17 cit., perchè possa trovare applicazione la tassazione separata occorre: 1) che gli emolumenti siano arretrati, ovvero, “come chiarito dalla medesima norma, riferibili ad anni precedenti rispetto a quello nel quale sono maturati”; 2) che si tratti di proventi percepiti in ritardo per effetto di ragioni di carattere giuridico (sopraggiungere di  leggi,  di contratti collettivi, di sentenze o di provvedimenti amministrativi) o comunque “per effetto di altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti”,  ovvero idonee a far ritenere che il ritardo sia conseguenza di una volontà collusiva delle parti per favorire il contribuente.
Poste tali premesse e precisazioni il Giudicante perviene alla conclusione (illogica ed illegittima come meglio si dirà di seguito) che “il regime della tassazione separata non è più applicabile a qualunque emolumento arretrato...occorrendo invece a tale fine individuare la causa dell'intervallo temporale tra il periodo di imposta di maturazione e il periodo di imposta di  percezione dello stesso”, onde ove vi sia un disallineamento cronologico tra la liquidazione e corresponsione dell'emolumento, perchè soggette a determinate procedure, e il periodo di maturazione dello stesso, tale intervallo rileva,  come presupposto della tassazione separata, solo se non sia fisiologico: ergo la tassazione separata deve essere esclusa in presenza del ritardo fisiologico,  ovvero del ritardo che esorbiti dalla normale dinamica del rapporto contrattuale, proprio come ritenuto dall'A.F. nei suoi documenti di prassi.
Il Giudicante, infine, ritiene che sia da considerare erronea la tesi che “àncora la qualità di arretrato del compenso -idoneo...al regime della tassazione separata ...- al mero superamento, nella sua corresponsione, della data del 12 gennaio dell'anno successivo...come previsto nell'art. 51, TUIR”  e ritiene di giustificare l'asserita erroneità assumendo che sussiste profonda differenza tra la norma di cui all'art.51 e quella di cui all'art.17 TUIR, operando la prima sull'imponibile e la seconda sull'aliquota.
Quindi, dopo avere indicato alcune sue precedenti sentenze aventi per oggetto il disconoscimento della tassazione separata relativamente agli incentivi riconosciuti al personale amministrativo del MEF,  formula il seguente principio di diritto: “In materia di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, corrisposti nell'anno successivo a quello di maturazione, non sono ricompresi tra i redditi arretrati, assoggettabili a tassazione separata, ai sensi dell'art.17, dpr 22 dicembre 1986, n.917, gli emolumenti per i quali il ritardo nella loro corresponsione, nell'anno successivo a quello di riferimento, sia fisiologico rispetto alla natura del rapporto dal quale derivano, e cioè sia la necessaria conseguenza di particolari procedure per la loro quantificazione e liquidazione”.
Affermato il suddetto principio che (come meglio si dirà di seguito) costituisce non già una doverosa interpretazione della legge ma una palesemente illegittima modificazione della norma di cui al cit. art.17, ritiene di dovere ulteriormente integrare la sua decisione affermando che per i compensi arretrati da corrispondere ai giudici tributari, e solo ai giudici tributari, il c.d. ritardo fisiologico deve essere determinato in giorni 120 decorrenti dal 15 gennaio dell'anno successivo, ovvero dalla data finale determinata dai documenti di prassi del MEF per l'erogazione dei compensi, da corrispondere ai giudici tributari, maturati nel quarto trimestre dell'anno precedente.
Prima di esporre i motivi per cui, ad avviso dello scrivente, sono da ritenere assolutamente non condivisibili, perchè palesemente illegittimi, i principi affermati dalle sentenze in commento, si ritiene opportuno premettere una succinta esposizione della disciplina dell'imposizione tributaria  relativa  ai redditi di lavoro dipendente ed assimilati.

2) Il principio della legalità nella materia tributaria

Ai sensi dell'art.23 della Costituzione nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base ad una legge dello Stato. Solo la legge e giammai un atto amministrativo (quali Direttive, Circolari o Risoluzioni del MEF) o un atto giurisdizionale (sentenza, ordinanza o decreto) può imporre un tributo o comunque determinare aliquote o basi imponibili che accrescano il peso fiscale per il contribuente.
I provvedimenti amministrativi, come quelli tributari, anche se aventi carattere generale, sono certamente rilevanti per i dipendenti degli uffici finanziari, che devono eseguirli in virtù del rapporto di subordinazione, ma se contrari alla legge devono essere disapplicati innanzitutto dal Giudice, che, ai sensi dell'art.101 della Costituzione, è soggetto soltanto alla legge e, in secondo luogo, anche dagli stessi predetti dipendenti degli uffici finanziari che, prima di darvi esecuzione hanno il c.d. dovere di rimostranza (ex art.17 TU n.3/57 sul pubblico impiego) ovvero di esporre in forma scritta al superiore i motivi per i quali non ritengono di ottemperare al provvedimento. Solo in caso di conferma scritta  dell'ordine da parte del superiore gerarchico, e purchè non si tratti di ordine contrario alla legge penale, hanno l'obbligo di eseguirlo.
Si ricorda poi, per quanto concerne l'autorità giudiziaria, che, ai sensi dell'art.5 L. n.2248/1865, all.E (abolizione del contenzioso amministrativo) “Le autorità giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi e i regolamenti generali e locali in quanto siano conformi alle leggi”.
Trattasi di principio recepito in varie sentenze della Consulta (nn.19/06 – 204/04 – 281/04) la quale, inoltre, proprio in occasione della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art.39, comma 5, DL 98/2011 (sent. 142/14), ha ribadito che l'evidente fine di incrementare il gettito d'imposta non può rendere legittime costituzionalmente le norme di legge che violino i principi costituzionali.
   3) Il cosiddetto principio di cassa e quello di cassa allargata

La regola generale dell'imposizione tributaria sui redditi di lavoro dipendente  è posta negli artt.7 e 51, primo comma TUIR, in base ai quali ad ogni anno solare corrisponde un'autonoma obbligazione tributaria.
E' questo il c.d. principio di cassa in base al quale per qualsiasi erogazione economica che abbia titolo nel rapporto di lavoro ai fini del prelievo fiscale si deve avere riguardo non già al momento  in cui viene in essere il diritto del lavoratore a percepire le spettanze retributive, bensì al momento della effettiva percezione che di essa imposizione costituisce momento decisivo (v. Cass. 5575/2011).
Dispone infatti l'art.51, I comma prima parte, del TUIR che “Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti, nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.
Il principio di cassa è applicabile anche al reddito costituito dai compensi corrisposti ai componenti delle Commissioni Tributarie per effetto dell'art. 50, I comma lett.f, TUIR, che lo equipara a quello dei prestatori di lavoro dipendente.
Il predetto principio di cassa è derogato dalla norma di cui all'art.51, I comma seconda parte, TUIR  in base al quale “Si considerano percepiti nel periodo di imposta anche le somme e i valori in genere corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio  del periodo di imposta successivo a quello cui si riferiscono”. E' questo il cd. principio di cassa allargata in base al quale la tassazione ordinaria deve essere applicata anche agli emolumenti arretrati, ovvero  riferiti a prestazioni lavorative eseguite nell'anno precedente a quello in cui sono corrisposti e non erogati nell'anno di competenza (o per indisponibilità - economica o per altre cause - del datore di lavoro o per la necessità dello stesso di effettuare i calcoli che ne comportino la divergenza dall'importo fisso mensile, sia in aumento - per premi, lavoro straordinario ecc.- che in diminuzione -per assenze dal lavoro, permessi non retribuiti ecc.), purchè erogati entro il giorno 12 del mese di gennaio dell'anno successivo rispetto a quello di competenza.
Il principio della cassa allargata, posto dal cit. art. 51, I comma seconda parte, TUIR che è norma eccezionale che deroga a quelle di cui agli artt.7 e 51, primo comma, prima parte, cit., trae origine dalla consuetudine dei datori di lavoro privato di erogare le retribuzioni ai lavori dipendenti non già nel tradizionale giorno 27 del mese (come avviene per le Pubbliche Amministrazioni) ma nel mese successivo a quello in cui erano maturate, e ciò per consentire al datore di lavoro di effettuare il calcolo preciso delle somme dovute. Dalla detta consuetudine conseguiva che la retribuzione del mese di dicembre veniva corrisposta nei primi giorni del mese di gennaio successivo.
Il legislatore prese atto della detta consuetudine e formulò la norma di cui all'art.51 cit. con cui concesse al datore di lavoro il termine del 12 gennaio dell'anno successivo a quello di competenza, ovvero dell'anno in cui era sorto il diritto alla percezione dei compensi, con l'evidente fine di consentirgli di effettuare i calcoli  di quanto dovuto per l'attività prestata nell'intero anno precedente.
E' da rilevare infatti che la norma, proprio perchè tale, ovvero per la sua naturale efficacia generale, ha effetto del tutto più ampio rispetto alla consuetudine da cui ebbe origine (rilevante in particolare per il mese di dicembre) in quanto  è riferibile a tutti i mesi dell'anno ed a tutti gli emolumenti comunque dovuti al prestatore di lavoro nell'anno di competenza: per effetto della cassa allargata la retribuzione del mese di gennaio dell'anno predetto è soggetta alla tassazione ordinaria anche se corrisposta nei mesi successivi dell'anno stesso e fino al 12 gennaio dell'anno successivo.
Va altresì precisato che il termine del 12 gennaio, di cui all'art.51/I TUIR, ha natura perentoria, come ritenuto non solo dal Giudice di legittimità (v. Cass. 2854/12 :“Il compenso corrisposto...non poteva essere imputato all'anno in questione, posto che era stato sostenuto dopo il 12 di quel mese, e quindi a termine perentorio già scaduto...non potendosi applicare il principio della c.d. cassa allargata”) ma dalla stessa Agenzia delle Entrate (Circolare 15 gennaio 2003 n.2 par.8 in cui si afferma che “Con riferimento alla data del 12 gennaio prevista dall'art.48, comma I, del TUIR  (oggi art.51 n.d.r.) ...non può trovare applicazione la disposizione dell'art.2963 del codice civile che proroga di diritto il termine scadente in giorno festivo al giorno seguente non festivo”, affermazioni   che comportano entrambe l'assoluta improrogabilità e quindi inderogabilità del termine stesso.
In conclusione dal combinato disposto della prima  con la seconda parte del primo comma dell'art.51 cit., ovvero del principio di cassa con quello della cassa allargata risulta chiaramente: 1) che ai fini del trattamento tributario da applicare agli emolumenti corrisposti ai lavoratori dipendenti (e a quelli ad essi assimilati) nel termine perentorio del “giorno 12 del mese di gennaio del periodo d'imposta successivo a quello cui si riferiscono”, come testualmente si esprime il cit. art. 51 cit, deve aversi riferimento all'aliquota ordinaria; 2) che, conseguentemente, la tassazione ordinaria deve essere applicata anche agli emolumenti arretrati, pur sempre se corrisposti entro la predetta data del 12 gennaio, ma giammai se corrisposti in epoca successiva a tale data  poiché ai fini dell'imposizione fiscale rileva la data della percezione effettiva degli demolumenti e non quella dell'insorgenza del diritto alla percezione (v. Cass 5575/2011).  Consegue che per gli emolumenti riferibili ad anni precedenti e corrisposti oltre la predetta data del 12 gennaio deve necessariamente trovare applicazione (con una sola eccezione, come meglio si dirà di seguito) la c.d. tassazione separata.
La ratio della disposizione di cui al primo comma dell'art.51 TUIR è fin troppo evidente e si comprende con l'elementare e logica considerazione che il legislatore ha ritenuto congruo il predetto termine del 12 gennaio anche per il caso che il datore di lavoro debba effettuare calcoli per determinare l'esatto ammontare dell'emolumento arretrato da corrispondere nell'ipotesi che esso sia composto oltre che da una parte fissa mensile anche da una parte variabile relativa allo stesso mese.
In tale ipotesi, invero, il termine concesso per il calcolo va da 11 mesi e 12 giorni (per il mese di gennaio dell'anno a cui si riferisce) diminuendo quindi costantemente (10 mesi e 12 giorni per il mese di febbraio, 9 mesi e 12 giorni per il mese di marzo e così via) fino a ridursi a giorni 12 unicamente per il mese di dicembre.
E' questo il c.d. periodo di tolleranza concesso dal legislatore al debitore datore di lavoro per corrispondere gli arretrati, ovvero gli emolumenti di competenza dell'anno precedente, con l'applicazione della tassazione ordinaria, nel rispetto del principio della cassa allargata, ritardo questo che può definirsi fisiologico perchè rispondente alla necessità di consentire l'effettuazione del calcolo dei compensi variabili, potendo all'opposto definirsi ritardo patologico  quello eccedente dal limite predetto, limite che (come si dirà di seguito) è stato ritenuto congruo dal legislatore e non può essere modificato dall'interprete.    

4) La cosiddetta tassazione separata

Dispone testualmente l'art. 17, comma I, lett.b, TUIR che “L'imposta si applica separatamente sui seguenti redditi: a)...; b) emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, compresi i compensi e le indennità di cui al comma 1 dell'art. 47 (ora 50)”, ovvero compresi, tra gli altri, i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie (art.50 lett.f).
In base alla tassazione separata l'imposta è determinata (ex art.21 TUIR) applicando alla somma percepita come arretrato l'aliquota corrispondente percentualmente a quella applicabile alla media, ovvero alla metà, del reddito complessivo netto percepito dal contribuente nel biennio anteriore all'anno in cui è sorto, ovvero “maturato”, il diritto alla percezione del reddito da tassare separatamente.
In pratica il calcolo è effettuato dividendo per 2 la somma dei redditi dei due anni precedenti a quello in cui è maturato il reddito da tassare e successivamente determinando sul totale l'IRPEF secondo le aliquote vigenti. E' quindi calcolata la percentuale di IRPEF applicabile alla somma da sottoporre a tassazione separata effettuando la proporzione con l'importo di IRPEF calcolato come applicabile al reddito medio predetto (es.: media del reddito del biennio precedente = A; imposta ordinaria applicabile ad A=B; calcolo dell'aliquota media: A:B=100:X; X=Bx100:A).
La ratio evidente della tassazione separata è quella di evitare che il contribuente, per effetto della concomitanza del principio di cassa con quello della progressività dell'IRPEF, sia assoggettato, al momento della percezione degli emolumenti arretrati, ad un'aliquota marginale di imposta più elevata a causa del cumulo dei proventi dell'anno con quelli arretrati.
Già a questo punto è possibile affermare che dal combinato disposto dell'art.17 cit. (tassazione separata degli arretrati) con quello di cui al cit.art.51, I comma seconda parte, (principio di cassa allargata), consegue che la tassazione separata deve essere applicata agli emolumenti arretrati corrisposti in data posteriore al 12 gennaio dell'anno successivo a quello al quale sono riferibili, ovvero sono state espletate le prestazioni lavorative.
Deve inoltre rilevarsi che, come risulta chiaramente dalla lettera della legge, le cause di esclusione della tassazione separata sono unicamente quelle che dipendono dalla volontà delle parti (ovvero dalla volontà collusiva del datore di lavoro e del lavoratore che concordino di ritardare oltre il 12 gennaio dell'anno successivo la corresponsione degli emolumenti riferibili all'anno precedente affinchè il secondo usufruisca della tassazione separata), restando pertanto  esclusa ogni qualsivoglia altra causa, compreso il ritardo burocratico per la corresponsione degli arretrati (ovvero quello che l'A.F., e chi ne segue le illegittime tesi, definisce ritardo fisiologico).
E' del resto fin troppo evidente che il ritardo burocratico, con cui sono corrisposti gli emolumenti maturati, non può di certo essere rapportato alla volontà collusiva del datore di lavoro e del lavoratore, come riconosce la stessa A.F. nella Risoluzione n.377/E del 9/10/2008 : “Il ritardo nella corresponsione degli emolumenti risulta dovuto al complesso iter burocratico sul cui andamento la volontà delle parti rimane del tutto estranea”.
Giova ricordare che la stessa Suprema Corte, chiamata a decidere sull'applicabilità dell'art.17 cit., affermò che il legislatore “...attribuendo rilevanza ad altre cause ha certamente inteso allargare la fattispecie degli emolumenti arretrati...relativi ad anni precedenti assoggettabili a tassazione separata; lo stesso però, con evidente intento antielusivo, richiedendo che tali altre cause non siano dipendenti dalla volontà delle parti, ha tolto qualsiasi efficacia ad eventuali...accordi datore
e prestatore di lavoro, ovvero ad aderenti comportamenti di tali parti tesi a procrastinare la erogazione (percezione di qualche emolumento in anni successivi) al fine di consentire al dipendente di beneficiare comunque del minor carico fiscale quale emolumento relativo ad anni precedenti”  (Cass. n.19606/2005).
Purtroppo, nonostante il chiaro ed inequivocabile disposto del cit. art. 17 e i chiarimenti forniti dal Giudice di legittimità, il MEF perseverava nel ritenere esclusa l'applicabilità della tassazione separata agli emolumenti arretrati corrisposti ai giudici tributari in epoca posteriore al 12 gennaio dell'anno successivo a quello cui erano riferibili adducendo a giustificazione il ritardo fisiologico, ovvero il tempo ritenuto necessario per la quantificazione del dovuto, come da disposizioni della Circolare MEF n.23/97.
Tuttavia, nella evidente consapevolezza che una legge dello Stato non poteva essere modificata da una Circolare, il MEF si adoperava per ottenere dal Parlamento (era l'epoca del Governo Monti) l'approvazione di una legge che di essa Circolare recepisse il contenuto.
Veniva così disposto, con l'art.39, comma 5, DL n.98/2011 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, conv. con mod. dall'art.1 L.111/2011) che “I compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie entro il periodo di imposta successivo a quello di riferimento si intendono concorrere alla formazione del reddito imponibile ai sensi dell'art.11...” del TUIR.
In termini molto più semplici con il cit. art.39 veniva integralmente recepito il disposto della Circolare MEF 23/97 escludendosi l'applicabilità della tassazione separata per i compensi corrisposti ai giudici tributari fino alla fine dell'anno successivo a quello di competenza.
La disposizione citata, di cui all'art.39, era però portata all'attenzione della Consulta affinchè ne valutasse la conformità agli artt.3 e 53 della Costituzione, poiché con essa solo per i giudici tributari,  e senza alcuna giustificazione in ordine ad una diversa capacità contributiva, era stata introdotta una nuova causa di esclusione della tassazione separata (oltre l'unica già prevista della volontà delle parti) con ampliamento ad un anno del termine di giorni 12 previsto dall'art.51, I comma seconda parte del TUIR (cd cassa allargata).
Con la sentenza n.142/2014 del 04/6/2014 la Corte Costituzionale, in accoglimento della proposta eccezione, dichiarava l'illegittimità costituzionale del cit. art.39, comma 5, per contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. rilevando che “...la norma impugnata ha vanificato l'effetto mitigatore e correttivo del regime della tassazione per cassa...la finalità di limitare in qualche modo gli effetti delle modalità temporali di liquidazione...viene nella sostanza neutralizzata dalla introduzione di una disposizione idonea a rendere ininfluenti, a danno del contribuente, anche tempi tecnici anomali come quelli che raggiungono la durata di un anno”.
Tuttavia il MEF, nonostante l'avvenuta eliminazione dal mondo giuridico del famigerato art.39 cit. con la conseguente reintroduzione, anche per i giudici tributari, degli artt.51 e 17 TUIR, con un'arroganza e tenacia di certo contrastante con i principi di legalità, buona amministrazione e imparzialità ai quali, secondo la Costituzione (art.97)  e le leggi nn.241/90 e 212/2000, deve essere improntata l'azione della Pubblica Amministrazione, in data 12 dicembre 2014 (e quindi sei mesi dopo la indicata sentenza della Consulta) con la Direttiva n.5/2014 (a firma Fiorenzo Sirianni) disponeva testualmente che “...per quanto riguarda gli emolumenti variabili (dei giudici tributari n.d.r.) relativi al quarto trimestre, tenuto conto che il loro pagamento avviene normalmente dopo il 12 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento, la tassazione da applicare non potrà essere  (si noti bene! n.d.r.) che quella ordinaria sempre che la liquidazione avvenga entro il 31 dicembre di tale anno”.
In pratica il MEF reintroduceva (inammissibilmente), a mezzo di una Direttiva, una norma di legge dichiarata incostituzionale dalla Consulta.
Purtroppo l'evidente illegittimo comportamento dell'Amministrazione Finanziaria si palesava senza limiti in occasione della risposta ad un interpello relativo alla tassazione dei compensi arretrati per il lavoro svolto dai giudici tributari negli anni 2013,2014 e 2015, compensi corrisposti nell'anno 2017. In tale occasione la Direzione Centrale Normativa dell'Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n.151 del 13/12/2017, ovvero sempre con un c.d. Documento di Prassi, smentendo addirittura quanto da essa stessa affermato nella predetta Direttiva n.5/14, dichiarava che “...il ritardo può essere considerato fisiologico anche se l'erogazione della retribuzione non avvenga nell'annualità successiva a quella di maturazione, ma in quelle ancora successive, in considerazione delle procedure di liquidazione ordinariamente adottate”.
E' palese l'illegittimità di entrambi i predetti Documenti di Prassi dell'Amministrazione Finanziaria , stante l'evidente contrasto con gli artt.50 e 51 del TUIR che prevedono la tassazione ordinaria dei redditi da lavoro dipendente e assimilati solo se corrisposti non oltre il giorno 12 gennaio dell'anno successivo a quello di competenza.
Giova in proposito ricordare che lo stesso Giudice di legittimità aveva avuto modo di chiarire, con riferimento ai crediti di lavoro arretrati, che qualsiasi erogazione economica che abbia titolo nel rapporto di lavoro soggiace “al c.d. principio di cassa, dovendosi avere riguardo al momento non già della relativa maturazione bensì a quello della relativa percezione, quest'ultima costituendo il momento decisivo ai fini dell'imposizione fiscale” (Cass. 5575/2011), con la ovvia conseguenza che allorquando la percezione delle somme e dei valori dovuti non è contenuta “entro il giorno  12 del mese di  gennaio del periodo di imposta successivo  a quello cui si riferiscono” (come testualmente dispone l'art.51 cit.) non è applicabile la tassazione ordinaria bensì quella separata che deve essere esclusa, in relazione agli emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente, unicamente allorquando sussista una causa dipendente dalla volontà collusiva delle parti.

5) La tassazione separata nelle Risoluzioni del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria
La palese illegittimità delle determinazioni dell'Amministrazione Finanziaria sul  trattamento tributario applicabile ai compensi arretrati corrisposti ai giudici tributari inducevano anche il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria ad esporre il proprio convincimento sulla questione.
Con la Risoluzione n.3 del 17 febbraio 2004 (a firma del Presidente Ennio Attilio Sepe e confermata dalla Delibera n.530/2011 a firma del Presidente Daniela Gobbi) il CPGT, premessa la incontestata applicabilità, ex art.50 TUIR, ai compensi corrisposti ai giudici tributari della disciplina prevista per i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, affermava che da tanto derivava “...come logica conseguenza...che a questi compensi è applicabile, ove ricorrano i requisiti posti dalla legge, il regime della tassazione separata di cui all'art.17 DPR 917/1986”.
Precisava quindi che “...il citato art.17 è applicabile a tutti gli emolumenti arretrati...riferibili ad anni precedenti e che debbono essere considerati percepiti nel periodo d'imposta anche (e perciò soltanto) le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d'imposta successivo a quello cui si riferiscono (art.51, già 48, del citato D.P.R.”
Affermava quindi di ritenere del tutto superflua ogni considerazione relativa ai tempi tecnici necessari per determinare e liquidare i c.d compensi variabili, trattandosi di questioni rilevanti ai fini di accertare la responsabilità del datore di lavoro per ritardato pagamento ma non certo per l'applicabilità o meno della tassazione separata che “si fonda sul dato obiettivo del mancato pagamento entro il 12 gennaio dell'anno successivo ed ha lo scopo di evitare le sperequazioni impositive che potrebbero derivare dalla applicazione del principio di cassa nel computo dei redditi”.
Con la successiva Risoluzione n.6 del 19 novembre 2019  lo stesso Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, richiamate le proprie precedenti decisioni e la già citata sentenza della Corte Costituzionale n.142/2014, nonché il testuale disposto dell'art.17 TUIR, riteneva opportuno ulteriormente contestare l'erroneità della tesi dell'A.F. secondo cui il ritardo fisiologico nella corresponsione degli arretrati ai giudici tributari comporterebbe l'esclusione della tassazione separata.
Chiariva quindi che “In realtà il legislatore, facendo ricadere tutti i compensi indicati all'art.17, comma 1, lett.b) del TUIR, nel regime di tassazione separata, non si è pronunciato in merito alla causa del ritardo e non ha, quindi, inteso attribuire al ritardo fisiologico della P.A natura di causa di esclusione della tassazione separata”.
Al fine poi di ulteriormente confortare quanto affermato indicava il consolidato orientamento della Corte di Cassazione nonché l'incontrastato filone della giurisprudenza di merito “...che ha rilevato come il legislatore, in base alla natura delle norme, consideri emolumenti arretrati tutti quelli relativi ad anni precedenti erogati in anni successivi sia per effetto di leggi sia per altre cause non indicate, le quali non debbano essere dipendenti dalla volontà delle parti. Sicchè il medesimo, attribuendo rilevanza ad altre cause, ha inteso allargare e non restringere la fattispecie degli emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti” e concludeva affermando che “...deve essere ritenuta contraria al dettato costituzionale, alla legge e alla giurisprudenza formatasi negli anni, l'interpretazione dell'Amministrazione finanziaria, individuata per la prima volta nella Circolare n.23 del 5 febbraio 1997, successivamente ribadita....ed ancora oggi enunciata nella comunicazione alle CTR per le somme messe a disposizione per il CUT 2017, in base alla quale vi possono essere oggettive situazioni di fatto che impediscono il pagamento di somme riconosciute come spettanti entro i limiti di tempo ordinariamente adottati dalla generalità dei sostituti d'imposta”.
Il CPGT riteneva quindi esistente la grave responsabilità contabile dell'A.F. per la  persistenza nell'applicazione della tassazione ordinaria nonostante la sua soccombenza, spesso dovuta alla proposizione di appelli temerari nelle numerose controversie instaurate dai giudici tributari.

6) La concorde giurisprudenza di merito successiva alla sentenza n.142/14 della Corte Costituzionale

Si è già avuto modo di indicare, nei precedenti paragrafi, la giurisprudenza del Giudice di legittimità relativa alla corretta interpretazione dell'art. 17 TUIR, onde sarà di seguito indicata la concorde giurisprudenza di merito con cui, in osservanza della dichiarazione di incostituzionalità dell'art.39, comma 5, DL 98/2011 (di cui si è già detto sub par.4), è stato assolutamente escluso che il ritardo burocratico (o fisiologico che dir si voglia), ovvero il ritardo che superi il limite cronologico del 12 gennaio di cui all'art.51 per la liquidazione dei compensi arretrati dei giudici tributari, possa comportare l'esclusione della tassazione separata.
La prima sentenza (in ordine cronologico) reca il n.163/1/14, fu emessa dalla CTP di Isernia e depositata in data 02/7/2014.
La predetta sentenza non rileva in punto di motivazione, poiché si limita a riconoscere il diritto del ricorrente, giudice tributario, al rimborso della differenza IRPEF (tra la maggiore imposta ordinaria applicata e quella minore derivante dalla tassazione separata)  sui compensi arretrati per effetto della dichiarazione di incostituzionalità del cit.art.39 e la conseguente reviviscenza dell'art.51 TUIR. Essa rileva invece sotto diversa prospettiva, ovvero in relazione alla data  in cui fu depositata, data antecedente a quella (12/12/2014) in cui fu emessa la famigerata Direttiva n.5/2014 a firma Sirianni (di cui si è detto sub 4).
E' un dato di fatto, invero, che la detta sentenza passò in giudicato per omessa impugnazione da parte dell'A.F. (che rimborsò al ricorrente la somma richiesta e dovuta) la quale solo successivamente all'emissione della citata Direttiva, ritenendo di dovere ottemperare al predetto documento di prassi invece che alla legge, ovvero all'art. 51 TUIR come ripristinato dalla Consulta anche per i giudici tributari, iniziò ad effettuare contestazioni in ordine all'applicabilità della tassazione separata agli emolumenti arretrati corrisposti ai giudici tributari dopo il 12 gennaio dell'anno successivo a quello in cui erano maturati.
Pertanto la detta sentenza costituisce la prova documentale del convincimento, giuridicamente abnorme, dell'A.F. secondo cui i propri documenti di prassi devono avere sempre prevalenza sia sulle norme di legge (artt.17 e 51 TUIR) che sulle sentenze della Consulta.
Seguono numerosissime sentenze tra le quali le seguenti: n.1528/15 (CTR Milano), n.1131/15 (CTP  Campobasso), n.164/16 (CTP Pavia), n.1732/16 (CTP Lecce), n.91/16 (CTP Isernia), n.129/16 (CTP Isernia), n.1644/16 e n. 1770/16 (CTP Torino),  n.4511/17 (CTP Isernia), n.141/17 (CTP Isernia), n.750/18 (CTR Campobasso), n.89/18 (CTR Roma).
In tutte le predette sentenze veniva innanzitutto rilevato che nella sentenza 142/14 la Consulta, contrariamente a quanto affermato dall'A.F., si era limitata a riportare la tesi del MEF solo per illustrarne le ragioni senza in alcun modo condividerla. Veniva quindi dato atto che il MEF, a mezzo di documenti di prassi (Circolari, Direttive, Risoluzioni), aveva illegittimamente tentato di reintrodurre nell'ordinamento giuridico la disposizione contenuta nell'art.39/5 DL 98/2011, disposizione che era stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, con conseguente reviviscenza, anche per i giudici tributari, dei principi della cassa allargata e della tassazione separata. Veniva pertanto concordemente ribadito che la norma di cui all'art. 17 TUIR  esclude l'applicabilità della tassazione separata, per gli emolumenti arretrati corrisposti dopo il 12 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento, solo per le cause dipendenti dalla volontà collusiva delle parti, e non di certo per consentire al datore di lavoro di effettuare i conteggi del caso, esigenza questa per la quale era stata ritenuta congrua dal legislatore la predetta scadenza del 12 gennaio dell'anno successivo a quello di competenza imposta dall'art.51, I comma seconda parte, TUIR (c.d. cassa allargata).

7) La palese illegittimità delle recenti sentenze gemelle della Cassazione

La Cassazione nelle indicate recenti sentenze ha premura innanzitutto di ricordare la normativa che regolamenta l'imposizione tributaria sui redditi di lavoro dipendente e assimilati contenuta nel DPR 917/86 (TUIR) e precisamente negli artt. 7 (principio di cassa), 51 (principio di cassa allargata) e 17 (tassazione separata), e di precisare che la predetta disciplina è applicabile anche ai compensi dei giudici tributari (ex art.50 TUIR), compensi costituiti da una parte mensile fissa ed una aggiuntiva variabile, la cui liquidazione deve di regola avvenire mensilmente come disposto nel  DM 19/12/1997 e nella Circ. MEF n.80 E/1998 (sentenze pagg.5 e 6).
Posta tale premessa, indiscutibilmente ineccepibile in quanto conforme  al testuale disposto della richiamata normativa del  TUIR, il Giudicante afferma però di ritenere condivisibile la lettura del cit. art. 17 adottata dall'A.F. secondo cui “...l'applicazone del regime di tassazione separata deve escludersi ogni qualvolta la corresponsione degli emolumenti in un periodo d'imposta successivo deve considerarsi fisiologica rispetto ai tempi tecnici occorrenti per l'erogazione degli emolumenti stessi”.
Quindi indica le ragioni del suo convincimento deducendo che “secondo il dato letterale della disposizione normativa” , ovvero dell'art.17 cit., perchè un provento da reddito di lavoro dipendente possa essere assoggettato a tassazione separata sono necessarie due condizioni, ovvero: A) che si tratti di emolumento arretrato, ovvero riferibile ad anno precedente a quello in cui sia maturato; B) che il predetto emolumento sia stato percepito in ritardo per una delle cause indicate dall'art.17 cit.
Delle due condizioni indicate è condivisibile unicamente quella sub B) perchè conforme alla lettera ed alla ratio della legge mentre non è assolutamente condivisibile l'interpretazione che il Giudicante, al fine di giustificare il suo palesato convincimento di condividere la tesi dell'A.F. sui limiti della tassazione separata, effettua in relazione alla condizione indicata sub A) in ordine al concetto di emolumento arretrato che, come meglio si dirà di seguito, indica che l'emolumento è riferibile ad anno precedente a quello in cui è avvenuta la prestazione lavorativa con contemporanea insorgenza del diritto, che in quello stesso momento deve ritenersi venuto ad esistenza, alla percezione del relativo corrispettivo.
Il diritto del prestatore di lavoro alla percezione di una retribuzione relativa ad anni precedenti a quello in cui è stato eseguito il lavoro viene ad esistenza nel momento stesso in cui è stata  eseguita la prestazione lavorativa e non può giammai essere condizionato dalla effettiva liquidabilità o liquidazione e corresponsione dell'emolumento  in epoca successiva: trattasi di diritto di credito certo e di facile e pronta liquidazione poiché per determinare il preciso ammontare del dovuto è necessario, come si verifica per i compensi arretrati dei giudici tributari, effettuare semplici calcoli sulla base di parametri preesistenti.
Non è pertanto affatto condivisibile l'opinione del Giudicante secondo cui il compenso costituente il corrispettivo della prestazione lavorativa può considerarsi arretrato solo quando il datore di lavoro può effettuare ed effettua la liquidazione, ovvero assumendo che il diritto del lavoratore alla percezione della retribuzione dovutagli per la prestazione effettuata deve considerarsi venuto ad esistenza, ovvero maturato, solo subordinatamente alla liquidabilità e liquidazione del quantum dovuto.
Da tale non condivisibile nozione di emolumento arretrato consegue infatti l'illegittima conseguenza  che il prestatore di lavoro dovrebbe subire un'imposizione tributaria maggiore di quella legislativamente prevista dall'art.17 cit., per l'applicazione della tassazione separata, al solo fine di consentire al datore di lavoro di effettuare i conteggi del caso, ovvero per provvedere alla liquidazione del dovuto.
Il predetto pervero illogico effetto della affermata (dal Giudicante) maturazione del diritto alla retribuzione per la prestazione lavorativa si rivela contrastante innanzitutto con il principio costituzionale di cui all'art.36 della Costituzione (proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro e non ad altri fattori) e collide anche apertamente con i principi contenuti negli artt. 17 e 51, I comma seconda parte, TUIR, dai quali risulta “in base all'attuale formulazione delle norme” (per ripetere un'espressione utilizzata nelle sentenze) che la tassazione ordinaria è applicabile unicamente agli “emolumenti corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d'imposta successivo a quello cui si riferiscono”, mentre per “gli emolumenti arretrati riferibili ad anni precedenti”, ovvero ad anni in cui è avvenuta la prestazione lavorativa, deve trovare applicazione la tassazione separata, con la sola eccezione dell'ipotesi in cui il ritardo sia imputabile a causa dipendente dalla volontà delle parti, espressioni queste che non consentono alcun dubbio in ordine al trattamento tributario degli emolumenti corrisposti dopo la data prevista per la c.d. cassa allargata  dal cit. art.51.
Pertanto sia nell'art.51 che nell'art.17 del TUIR il concetto di emolumenti arretrati è riferibile a quelli di competenza dei periodi temporali in cui furono eseguite le prestazioni lavorative.
Come già indicato è invece certamente condivisibile la condizione che il Giudicante indica sub B) perchè sia assoggettabile a tassazione separata un provento da reddito di lavoro, ovvero che esso sia percepito in ritardo per una delle cause indicate dall'art.17 cit.
Purtroppo il Giudicante, al fine di giustificare il dichiarato suo convincimento di condividere  la tesi dell'A.F. sui limiti  della tassazione separata, è costretto ad effettuare nuovamente un'interpretazione palesemente illegittima sia dell'art.51 TUIR, sui limiti della tassazione separata, che dell'art.17 TUIR, sulla già chiarita nozione di arretrato, interpretazione che di fatto costituisce modifica del chiaro disposto letterale delle due norme.
Non è affatto vero (come si afferma nelle sentenze in commento) che “in base all'attuale formulazione della norma”, ovvero dell'art.17 cit., occorre “individuare la causa del ritardo” tra “la liquidazione e corresponsione di un certo emolumento...rispetto al periodo di maturazione” poiché “tale iato assume rilevanza, come presupposto della tassazione separata, solo quando il ritardo non sia fisiologico, ma esorbiti dalla normale dinamica del rapporto contrattuale cui l'emolumente accede”   (sent.pag.9).
E' vero, invece, che dal testuale disposto dell'art.17 cit. risulta chiaramente, come già rilevato in precedenza (v. anche sub par.4), che oltre che per le cause giuridiche (leggi, contratti collettivi, sentenze o atti amministrativi sopravvenuti) la tassazione separata deve sempre trovare applicazione per tutte le “altre cause non dipendenti dalla volontà della parti”, espressione dal significato inequivocabile e che, come correttamente ritenuto in altri tempi dalla stessa Corte di Cassazione (Sent. 19606/2005 gia cit. al par.4), esclude espressamente la tassazione separata unicamente  per le cause dipendenti dalla volontà collusiva delle parti, tra le quali non è possibile logicamente far rientrare il c.d. ritardo fisiologico o comunque altri impedimenti (quali ad es. la carenza di fondi o l'astensione dal lavoro del personale) che non abbiano reso possibile liquidare i compensi entro il termine imposto dalla legge per l'applicabilità della tassazione ordinaria (ex art. 51 TUIR).
Nell'ipotesi che nella liquidazione dell'emolumento arretrato si sia verificato, per un qualsivoglia motivo, un ritardo (purchè non causato dalla volontà delle parti) anche se per motivi burocratici, che non abbia consentito l'applicazione della cassa allargata di cui all'art.51 TUIR, verrà in rilievo unicamente la responsabilità del datore di lavoro sia per il minore prelievo tributario, conseguente alla tassazione separata, in danno dell'erario che per la corresponsione di interessi e rivalutazione in favore del lavoratore, come rilevato nella già citata Risoluzione n.3/2004 del CPGT.
Nè ha valore, al fine di superare il chiaro disposto della legge, fare riferimento (come fanno sia  l'A.F. che le sentenze in commento) alla relazione illustrativa della legge 549/95 (che riformulò l'art.17 oggi vigente) nella quale erano indicate, ai fini dell'applicabilità della tassazione separata, oltre alle cause giuridiche (leggi, contratti collettivi, sentenze, atti amministrativi sopravvenuti) anche le cause consistenti in oggettive situazioni di fatto che impediscono il pagamento delle somme riconosciute come spettanti entro i limiti ordinariamente adottati dalla generalità dei sostituti d'imposta.
Il riferimento è del tutto irrilevante per l'elementare considerazione che il legislatore, evidentemente  facendo uso dei suoi poteri discrezionali, non ritenne, disattendendo la relazione, di inserire tra le cause di esclusione della tassazione separata cause diverse da quelle dipendenti dalla volontà delle parti, poiché, come già rilevato (sub par.4), per i tempi necessari alla liquidazione dei compensi arretrati la disciplina risultava già dettata dall'art.51 TUIR che, disponendo l'applicabilità della c.d. cassa allargata (applicazione dell'aliquota ordinaria) agli emolumenti arretrati corrisposti fino al 12 gennaio dell'anno successivo, faceva implicito ma inequivocabile rinvio all'applicabilità dell'art.17 cit, ovvero  della tassazione separata, per i compensi arretrati corrisposti dopo quella data.
Consegue che il Giudicante, dimenticando che in claris non fit interpretatio e che la sua funzione consiste nell'interpretare e applicare le norme giuridiche (ex art.102 Cost.), essendo devoluta al Parlamento quella di crearle (ex art.70 Cost), inserisce nell'art.17 cit. una causa di esclusione del regime di tassazione separata non solo non prevista, ma esclusa dal combinato disposto dello stesso art.17 con quello dell'art.51 relativo alla cassa allargata, disposto dal quale emerge inequivocabilmente che la tassazione ordinaria è applicabile agli emolumenti arretrati erogati fino alla data del 12 gennaio dell'anno di riferimento e che per gli emolumenti arretrati erogati successivamente a quella data deve trovare applicazione il regime della tassazione separata previsto  dal cit. art.17 oltre che per le cause espressamente indicate anche per tutte le altre cause, escluse unicamente quelle dipendenti dalla volontà collusiva delle parti.  
Ulteriormente illegittima, perchè palesemente contrastante con il chiaro disposto della legge, è l'affermazione  del Giudicante secondo cui la qualità di arretrato ai fini della tassazione separata dovrebbe essere disancorata dal mero superamento della data del 12 gennaio di cui all'art.51TUIR e ancorata al ritardo fisiologico del pagamento, nel senso che dovrebbe considerarsi arretrato solo l'emolumento percepito dopo il superamento del ritardo fisiologico, che, come sopra precisato, viene da esso Giudicante determinato in giorni 135 per la sola categoria dei giudici tributari tra quelle indicate dall'art.50, con palese violazione, si ripete, non solo del testuale disposto della legge ma anche dell'insegnamento della Consulta (cit. sent. 142/14) come sarà chiarito di seguito.
La predetta conclusione, infatti, si fonda sull' erroneo presupposto che l'art.51 cit. sarebbe norma “dettata ai fini della determinazione dell'imponibile, laddove il regime di tassazione opera sull'aliquota”.  Si afferma quindi che il principio della cassa allargata fu introdotto dall'art.51 TUIR  per “l'esigenza di contemperare, con riguardo alla chiusura dell'esercizio annuale, il principio di competenza con quello di cassa”, anche in considerazione della consuetudine dei datori di lavoro di pagare le retribuzioni nei primi giorni del mese successivo.
Non può tuttavia non rilevarsi che il Giudicante, palesando evidente superficialità, nemmeno si pone il problema di indicare le ragioni a fondamento dell'esigenza di contemperare i due detti principi (quello di competenza con quello di cassa); se lo avesse fatto avrebbe dovuto dedurre che essa esigenza era finalizzata a consentire, nell'interesse dell'erario, che il termine, da concedere necessariamente al datore di lavoro per effettuare il preciso conteggio di quanto dovuto al prestatore di lavoro in misura variabile rispetto al fisso mensile, fosse contenuto in un determinato, ma limitato, arco temporale al fine di evitare l'applicazione del principio generale della tassazione separata, vigente, secondo l'inequivocabile disposto del cit. art.17, per tutti i compensi arretrati (si ripete: con la sola esclusione di quelli aventi causa nella collusiva volontà delle parti).
Alla detta esigenza, quindi, il legislatore provvide mediante la dilatazione del principio di cassa fino al giorno 12 del mese successivo a quello di competenza, ottenendo in tal modo di sottrarre gli arretrati, corrisposti entro quel termine, al principio della tassazione separata degli arretrati, ovvero, come testualmente si legge nell'art. 17 cit. degli “emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti”.  
Pertanto anche il predetto presupposto si rivela palesemente infondato poiché sia l'art. 51, primo comma seconda parte, che l'art.17 TUIR operano entrambi sull'aliquota prevedendo il secondo, in  via generale, l'applicabilità dell'aliquota agevolata, da determinare secondo il disposto di cui all'art.21 TUIR, a tutti i compensi arretrati e il primo disponendo, in via derogativa rispetto ai principi di cui all'art.17 e all'art.51, primo comma prima parte, TUIR, che per gli emolumenti (evidentemente arretrati perchè riferibili all'anno precedente)  corrisposti “entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d'imposta successivo a quello cui si riferiscono”, deve applicarsi l'aliquota  della tassazione ordinaria, poiché essi “si considerano percepiti nel periodo d'imposta” al quale si riferiscono.
A nulla rileva, poi, che la disposizione di cui all'art.51 TUIR  sulla cassa allargata sia originata dalla  antica consuetudine dei datori di lavoro privati di corrispondere ai lavoratori gli arretrati dello stipendio mensile nei primi giorni del mese successivo, poiché, come già rilevato in precedenza (v. anche sub par.3), il legislatore, traendo solo spunto dalla detta consuetudine, formulò la norma, avente in quanto tale efficacia per tutti i compensi arretrati relativi all'anno precedente (diversamente dalla consuetudine che era limitata solo a quelli riferibili al mese precedente), con la quale si consente al datore di lavoro, per effettuare i conteggi del caso, di usufruire di un idoneo intervallo temporale, intervallo che si estende da mesi undici e giorni 12 fino a soli giorni 12 per gli arretrati di dicembre (come chiarito in precedenza sub par.3) e che potrebbe, anche in considerazione della  perentorietà del termine concesso (v. Cass 2854/12 già cit. sub par.3), subire modifica unicamente ad opera del legislatore e non certo a mezzo di una sentenza.
Del tutto inconferente, poi, invocare (come risulta dalle sentenze in commento), a sostegno del palesemente illegittimo principio di diritto enunciato, l'affermazione del Giudice delle leggi contenuta nella cit. sent. 142/14, ovvero che “La finalità di limitare in qualche modo gli effetti delle modalità temporali di liquidazione...viene nella sostanza neutralizzata dalla introduzione di una disposizione (l'art.39/5 DL 98/2011) idonea a rendere ininfluenti, a danno del contribuente, anche tempi tecnici anomali come quelli che raggiungono la durata di un anno”, maldestramente insinuandosi che anche la Consulta avrebbe condiviso la tesi del MEF sul ritardo fisiologico.
Leggesi invero nelle sentenze gemelle in commento che il principio della rilevanza del ritardo fisiologico “non è stato sconfessato nella citata sentenza n.142/2014, della Corte Costituzionale la quale....non ha però disconosciuto l'interpretazione fornitane dal Ministero dell'economia e delle finanze...”.
In contrario è sufficiente rilevare che, diversamente da quanto si afferma nelle predette sentenze (v. pag.11), ovvero che “...è significativo che, nella motivazione della declaratoria d'incostituzionalità, la Consulta non richiami mai il principio di cassa allargata”, nella parte iniziale della motivazione della sentenza della Consulta vengono con estrema chiarezza ricordati i principi, imposti dagli artt. 7 , 17 e 51 TUIR, sulla imposizione tributaria per i redditi di lavoro dipendente ed assimilati: principio di cassa (“ad ogni anno corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma” pag.9 sent.) e principio della cassa allargata (“il quale trova fondamento nell'art.51...consiste nella parificazione ….dei compensi...erogati entro il 12 gennaio dell'esercizio successivo a quelli erogati nel precedente” pag.9 e 10 sent.) nonchè principio della tassazione separata  (“per i redditi percepiti in un determinato periodo d'imposta , ma maturati in tempi precedenti” pag.10 sent.).
Richiamati gli indicati principi sul trattamento tributario dei redditi da lavoro dipendente la Consulta perviene alla ovvia conclusione che, per effetto dell'assimilazione di cui all'art.50 TUIR, per i giudici tributari  devono trovare applicazione le disposizioni relative al reddito da lavoro dipendente “ivi comprese quelle che determinano i principi della tassazione per cassa e per cassa allargata, nonché il criterio della tassazione per gli emolumenti arretrati”   (pag.10 sent.).
E' fin troppo evidente, pertanto, che la Consulta non condivide affatto, né avrebbe potuto logicamente condividere, sulla base delle sue stesse affermazioni, la tesi del ritardo fisiologico sostenuta dall'A.F., tesi che si limita soltanto a riportare precisandone la provenienza: “Secondo l'interpretazione che ne ha dato il Ministero dell'economia e delle finanze (a partire dalla circolare 23/E del 5 febbraio 1997....Di converso, conclude la suddetta circolare...” (pag 11 sent.).
Ribadito che nella motivazione della sua sentenza la Consulta richiama espressamente i principi di cassa, di cassa allargata e di tassazione separata (artt. 7, 51 e 17 TUIR) che dichiara applicabili anche agli emolumenti arretrati corrisposti ai giudici tributari, va ricordato che il Giudice tributario remittente aveva denunciato l'illegittimità del cit. art.39 per contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione, ovvero perchè con la norma censurata erano stati violati i principi di uguaglianza e di capacità contributiva per i giudici tributari rispetto a tutte le altre categorie similari (ex art.50 TUIR) di contribuenti per le quali, ai fini della liquidazione degli emolumenti arretrati, era ed è applicabile il principio della tassazione separata per gli emolumenti arretrati corrisposti oltre il giorno 12 del mese successivo a quello di competenza, circostanza questa di cui viene dato nelle stesse sentenze in commento alla pag.11 ove testualmente leggesi che “...il disposto di cui al secondo comma (rectius:primo comma seconda parte, n.d.r.) dell'art.51, TUIR, che, pure, era stato invocato dall'ordinanza remittente”.
La Consulta accolse le censure sollevate rilevando che l'art.39 rendeva ininfluenti (ai fini della liquidazione) anche tempi anomali come quelli di un anno.
E' del tutto evidente, quindi, che il termine di paragone, al quale la Consulta   fece riferimento per  valutare l'anomalità o meno del tempo per la liquidazione,  fu costituito  dall'unico termine indicato dalla legge (e dal Giudice remittente), ovvero da quello imposto dall'art.51, comma I seconda parte, TUIR per l'applicazione della aliquota ordinaria.
E' infine da osservare che non ha alcun rilievo il richiamo,  effettuato nelle sentenze in commento, ai precedenti giurisprudenziali relativi ai compensi incentivanti dei dipendenti della P.A. (sentenze nn.10887/19, 7776/02, 16467/04, 13228/04) poiché per i detti compensi incentivanti  l'art 4, comma 5, del DL 853/84 espressamente prevede la previa attivazione della contrattazione collettiva, di cui all'art.11 del DL 344/83, per la determinazione del risultato conseguito nell'anno precedente  dai detti dipendenti, in base all'attività espletata nel corso dell'intero anno precedente, sulla base del quale quantificare l'entità del compenso, previa determinazione dei criteri di ripartizione tra i vari settori e qualifiche e con espressa indicazione dei “tempi e le modalità per la erogazione del compenso al personale”.
Pertanto per gli incentivi da corrispondere al personale del MEF per le prestazioni lavorative svolte  nell'anno precedente  è la legge stessa (art.4, comma 5 lett.c, del cit DL 853/84) che consente alle parti di determinare i tempi per l'erogazione del compenso relativo.
Del tutto diversa la regolamentazione giuridica per l'attribuzione dei compensi variabili arretrati   ai giudici tributari, sia per quelli relativi all'ultimo trimestre (casi esaminati  dalle  sentenze in commento) sia per quelli relativi alla attività svolta complessivamente nell' anno o negli anni precedenti.
Infatti per i giudici tributari la legge determina unicamente i criteri per la quantificazione dei compensi variabili arretrati, come si desume  dall'art.13 Dlgs 545/92 per il compenso aggiuntivo mensile e dagli artt.37 DL 98/11 e 12 DL 16/12 (per i compensi CUT pioggia e meritevoli) onde per quanto concerne i termini per l'erogazione degli stessi deve necessariamente trovare applicazione la disciplina imposta in via generale dagli artt. 17 e 51 TUIR.
Non si ignora che, come risulta dalla nota n.145814 della Direzione Centrale Normativa dell'A.E., nell'anno 2005 il MEF, d'intesa con il CPGT, pur senza fissare i termini finali, deliberò  che  i compensi variabili arretrati fossero erogati ai giudici tributari entro determinate scadenze, fissando per quelli relativi al quarto trimestre il termine posteriore al 15 gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento. La predetta Delibera, tuttavia, fu adottata in palese contrasto con gli artt. 17 e 51 cit, anche se la violazione all'epoca avrebbe potuto trovare una qualche plausibile giustificazione  attesi egli scarsi mezzi a disposizione dell'A.F. per effettuare i conteggi, situazione del tutto inesistente nell'epoca attuale in considerazione sia dei moderni mezzi informatici in dotazione agli uffici finanziari sia della maggiore consistenza dell'organico e della preparazione del relativo personale.
Tuttavia, ove si volesse ritenere insufficiente il termine del 12 gennaio dell'anno successivo per la liquidazione dei compensi arretrati riconosciuti  ai giudici tributari, a tale insufficienza potrebbe ovviarsi unicamente con una norma di legge, ovvero in sede legislativa, ma giammai, come avvenuto,  con una sentenza, ovvero in sede giurisdizionale.
Conclusivamente è da ritenere che nelle indicate sentenze gemelle il Giudicante travalicò i suoi poteri dettando, sotto la parvenza di principio di diritto, una nuova norma giuridica che contrasta, oltre che con i principi costituzionali (artt.3, 23, 32 e 53 Cost.), con il chiaro disposto dell'art.17 cit. poiché aggiunge  una causa di esclusione della tassazione separata (il ritardo cd fisiologico) non prevista dall'art.17 TUIR che prevede la predetta tassazione separata, oltre che per le cause specificamente indicate, per tutte le altre cause con la sola esclusione delle cause dipendenti dalla volontà delle parti.
Il predetto principio/norma enunciato nelle sentenze predette  contrasta altresì con il testuale disposto dell'art.51, I comma seconda parte, TUIR, che prevede l'applicazione della cassa allargata solo per gli emolumenti arretrati corrisposti entro il termine improrogabile 12 gennaio dell'anno successivo a quello di competenza.
Il Giudicante inoltre ha ritenuto di integrare il principio di diritto enunciato assumendo di avere il potere di determinare l'entità del ritardo fisiologico, potere che, afferma, gli sarebbe attribuito dall'art.1183 c.c., senza curarsi di rilevare che la norma del codice civile disciplina i rapporti tra privati, e precisamente la fissazione del termine non predeterminato dalle parti  per la prestazione oggetto di un'obbligazione privatistica, incidendo, pertanto, in un rapporto la cui disciplina è rimessa al potere dispositivo delle parti.
Del tutto diversa l' ipotesi oggetto del suo giudizio in cui si trattava di rideterminare in aumento il termine per l'applicabilità del regime di tassazione ordinaria, ovvero  il termine già perentoriamente fissato dalla legge (art.51 cit.), col risultato di escludere il più agevolato regime della tassazione separata, ovvero di emettere un provvedimento  consentito unicamente al legislatore ai sensi dell'art.23 Cost. (v. sub par.2) e comunque sempre nel rispetto degli artt.3 e 53 della Costituzione, come da insegnamento della Consulta ( già cit. sent. 142/14).
Onde la palese illegittimità della ritenuta esclusione  dell'applicabilità della tassazione separata per la sola categoria dei giudici tributari mediante la dilatazione dell'improrogabile termine di giorni 12, fissato dall'art.51 cit. per la cassa allargata, in complessivi giorni 135 successivi all'anno di competenza dei compensi arretrati.
In proposito giova ricordare che la Consulta nella indicata sentenza aveva dichiarato l'illegittimità dell'art.39 cit. proprio perchè la dilatazione del termine della cassa allargata solo per una categoria di contribuenti violava i principi di cui agli artt.3 e 53 della Costituzione.
La Cassazione ha, conclusivamente, ritenuto di essere legittimata a compiere con una sentenza  un'operazione, ovvero la dilatazione del principio della cassa allargata per la sola categoria dei giudici tributari (così modificando gli artt. 17, 50 e 51 del TUIR),  già effettuata dal legislatore con una norma  dichiarata contraria alla Costituzione dalla Consulta perchè con essa il legislatore, eccedendo (come si legge testualmente a pag.15 della sentenza 142/14)“dall'uso ragionevole...dei suoi poteri discrezionali in materia tributaria”, senza avere espunto i compensi dei giudici tributari dal novero dei redditit assimilati a quelli da lavoro dipendente e senza avere apportato “altre modifiche alla disciplina generale in materia di tassazione separata”, ovvero all'art.51 TUIR, aveva “riprodotto per la sola categoria dei giudici tributari la regola del cumulo”, ovvero la regola della cassa allargata di cui all'art.51 TUIR.
Eppure l'insegnamento della Consulta è chiaro: il legislatore (e solo il legislatore) può modificare il principio della cassa allargata dilatando il termine perentorio di giorni 12 previsto dall'art.51 cit., ma nemmeno al legislatore è consentito attuare la detta modifica per una sola delle categorie indicate dall'art.50 TUIR, a meno di non espungere da essa i compensi per la detta categoria.


Giuseppe Di Nardo
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