La notificazione a mezzo posta - Avvocato Penalista Napoli e Isernia. Avvocati Penalisti Napoli

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La notificazione a mezzo posta

Rubrica a cura del
Dott. Giuseppe Di Nardo
già Magistrato di Cassazione e Giudice Tributario
LA NOTIFICAZIONE PER POSTA DEGLI ATTI TRIBUTARI
(aggiornamento Gennaio 2021)

PREMESSA

Prima di esaminare le varie questioni che si pongono in tema di notificazione a mezzo del servizio postale degli atti tributari sostanziali si ritiene opportuno indicare i principi affermati dalle più recenti sentenze della Suprema Corte.
Come si vedrà di seguito,  nelle sentenze predette non è trattata né la notificazione a mezzo PEC  (disciplinata dal DPR 68/05, dall'art.14 Dlgs 159/15 e dal Dlgs 217/17) né la notificazione degli atti processuali tributari (disciplinata dall'art.16 bis Dlgs 546/92 nonché dal DL 119/18 conv. in L. 136/18), onde i commenti, non sempre favorevoli, che seguiranno, non hanno alcun riferimento alle predette due forme di notificazione.
Saranno quindi esposti innanzitutto i principi affermati dalle sentenze indicate. Seguirà poi un succinto commento sui predetti principi.
Successivamente saranno indicate le norme che regolamentano la notifica degli atti tributari a mezzo del servizio postale e quindi, premessi brevi cenni sulla qualificazione dell'avviso di ricevimento, le differenze esistenti tra la notificazione effettuata (sempre con il mezzo della posta) dall'ufficiale giudiziario (o dal messo notificatore) e quella effettuata invece direttamente dall'ente impositore (o della riscossione) con la posta.
Saranno anche esaminati brevemente i problemi che si pongono in tema di illeggibilità della firma e di irreperibilità relativa del destinatario della notifica postale.


1) La giurisprudenza recente


1) Con sentenza n.22629 (depositata il 16/10/2020) la terza sezione civile della Cassazione, decidendo su una controversia avente ad oggetto la contestata ricezione di una lettera raccomandata, affermava che “La lettera raccomandata costituisce prova certa della trasmissione del plico, attestata da un ufficio postale con la ricevuta di ritorno, da cui consegue la presunzione, basata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e della ordinaria regolarità del servizio, di arrivo al destinatario dell'atto comprendente la busta e il suo contenuto e dunque di conoscenza del medesimo ex art.1335 c.c. Spetta in tal caso al destinatario l'onere di dimostrare che il plico non conteneva una lettera al suo interno (Cass. 22687/2017, Cass.23920/2013, Cass. 275256/2013, Cass.2070/2015, Cass.20167/2014)”.

2) Con la coeva sentenza n. 22514/2020 (depositata anch'essa il 16/10/2020) la sezione tributaria della Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso proposto dall'Agenzia della Riscossione avverso una sentenza della CTR del Lazio che (confermando una sentenza della CTP di Roma) aveva accolto il ricorso di un contribuente, annullava la sentenza impugnata affermando la validità della notifica di alcune cartelle esattoriali nonostante la non leggibilità della firma apposta sugli avvisi di ricevimento dalla persona alla quale erano state consegnate dall'ufficiale postale e la mancata identificazione del consegnatario sulle caselle contenute negli avvisi.
Nella motivazione veniva richiamato il principio affermato dalle Sezioni Unite secondo il quale “...nel caso di notifica a mezzo del servizio postale, ove l'atto sia consegnato all'indirizzo del destinatario a persona che abbia sottoscritto l'avviso di ricevimento, con grafia illeggibile, nello spazio relativo alla firma del detinatario o di persona delegata, e non risulti che il piego sia stato consegnato dall'agente postale a persona diversa dal destinatario tra quelle indicate dall'art.7 l. n.890 del 1982, la consegna deve ritenersi validamente effettuata a mani proprie del destinatario, fino a querela di falso, a nulla rilevando che nell'avviso non sia stata sbarrata la relativa casella e non sia altrimenti indicata la qualità del consegnatario, non essendo integrata alcuna delle ipotesi di nullità di cui all'art.160 c.p.c. (v. Cass, s.u., n.9962 del 2010; cfr. anche Cass. n.16289 del 2015)”.
Dal riferimento all'art.7 L. n.890/82 (pur in difetto di alcuna precisazione nel testo della sentenza) è  deducibile che nel caso trattavasi di notifica effettuata dall'ufficiale giudiziario a mezzo posta.
3) Con altra sentenza  di poco precedente (Cass. 19680/2020 dep. 21/9/2020) che, se pure relativa a contributi previdenziali, aveva ad oggetto la notificazione di cartella effettuata direttamente a mezzo posta raccomandata dal Concessionario (ex art 26 DPR 602/73), con conseguente applicabilità della disciplina prevista per le ordinarie raccomandate (ovvero quella di cui agli artt.32 e 39 del DM 9 aprile 2001 e 20 e 26 del DM 1 ottobre 2008, e non quella di cui alla L. 890/82), circostanza questa espressamente chiarita nella premessa, era affermato che “se manchino nell'avviso di ricevimento le generalità della persona cui l'atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelliggibile, l'atto è pur tuttavia valido, poiché la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato, costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell'ufficiale postale, assistito dall'efficacia probatoria di cui all'art. 2700 c.c  ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell'avviso di ricevimento della raccomandata”, con la precisazione che “la consegna del piego raccomandato a mani di familiare dichiaratosi convivente con il destinatario determina, quindi, la presunzione che l'atto sia giunto a conoscenza dello stesso”.
Nella su indicata sentenza in relazione alla ritenuta natura di atto pubblico dell'avviso di ricevimento era fatto rinvio ad alcune precedenti sentenze della Suprema Corte, ovvero: n.632/2011, 11708/2011; 1091/2013 e 946/2020.

4) Poco prima era stata deposittata la sentenza n.14941/2020 (dep. 14/7/2020)  nella quale era richiamato il principio affermato nella sentenza n.11708/2011 affermandosi che “La cartella esattoriale può essere notificata, ai sensi dell'art.26 d.p.r. 29 settembre 1973 n.602, anche direttamente da parte del concessionario mediante raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso, secondo la disciplina degli art. 32 e 39 d.m. 9 aprile 2001, è sufficiente, per il relativo perfezionamento, che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz'altro adempimento ad opera dell'ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull'avviso di ricevimento da restituire al mittente; ne consegue che se, come nella specie, manchino nell'avviso di ricevimento le generalità della persona cui l'atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelliggibile, l'atto è pur tuttavia valido, poiché la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell'ufficiale postale, assistito dall'efficacia probatoria di cui all'art.2700 c.c. ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell'avviso di ricevimento della raccomandata”.

5)  Circa due mesi prima, il 28/5/2020, era stata depositata la sentenza n.10131/2020, avente ad oggetto la notificazione diretta a mezzo posta di un atto impositivo tributario, nella quale leggesi “...la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere notificato l'avviso di liquidazione o di accertamento senza l'intermediazione dell'ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla legge 20 novembre 1982, n.890, attengono esclusivamente alla notifica eseguita dall'ufficiale giudiziario ex art. 140 cod. proc. civ.; ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull'avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico e l'atto, pervenuto all'indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnato a quest'ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all'art.1335 cod.civ., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di prenderne cognizione (cfr. Sez.5, sent. 9111 del 06/06/2012,Riv.622974)”.
6) Il giorno 29 aprile 2020 era stata depositata la sentenza n.8297/2020 nella quale era affermato che nella sentenza della CTR impugnata “...correttamente si afferma che l'avviso di ricevimento del piego notificato a mezzo posta ha natura di atto pubblico e che la sua efficacia probatoria può essere contestata solo proponendo querela di falso (Cass.8082/2019)”.

7) Anche la sentenza predetta seguiva solo di qualche mese quella n. 7495/20 (dep. Il 23/3/2020) emessa dalla sezione tributaria della S.C, nella quale, trattandosi della notificazione di un avviso di accertamento la cui notifica era stata affidata all'ufficiale giudiziario, il quale si era avvalso del servizio postale, era stato affermato che “l'avviso di ricevimento, che è parte integrante della relata di notifica, riveste natura di atto pubblico e, riguardando un'attività legittimamente delegata dall'ufficiale giudiziario all'agente postale ai sensi dell'art.1 della legge 20 novembre 1982, n. 890, gode della medesima forza certificatoria di cui è dotata la relazione di una notificazione eseguita direttamente dall'ufficiale giudiziario, ossia della fede privilegiata attribuita dall'art. 2700 c.c. in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l'agente postale, mediante la sottoscrizione apposta sull'avviso di ricevimento, attesta avvenuti in sua presenza – cfr. Cass18427/2013” ribadendo quanto già affermato dalla  precedente sentenza in ordine alla validità della notifica anche in caso di firma illeggibile.

8)Anche nella di poco precedente sentenza n.3638/2020 (dep.13/02/2020) veniva affermata la natura di atto pubblico dell'avviso di ricevimento relativo alla notifica  di una cartella esattoriale,  indicando come precedente la sentenza Cass. S.U. n.9962 del 2010 nonché quella della Cass. n.29022/17.

9) Solo due mesi prima, in data 04/12/2019 nella sentenza n.3421/2020 era stato affermato che “ ...la relazione di notifica eseguita dall'ufficiale giudiziario attestante il compimento delle prescritte formalità, così come  l'attestazione sull'avviso di ricevimento con la quale l'agente postale dichiara di avere eseguito la  notificazione  ai sensi dell'art.8 della legge n.890/1982, fa fede fino a querela di falso essendo tale notificazione un'attività compiuta, in proprio o per delega, dall'ufficiale giudiziario, il quale in forza dell'art.1 della citata legge n.890 del 1982 è autorizzato ad avvalersi del servizio postale per l'attività notificatoria della cui esecuzione ha ricevuto l'incarico. Ne consegue che l'avviso di ricevimento, a condizione che esso sia sottoscritto dall'agente postale, contiene, per le attività che risultano in esso compiute, una forza certificatoria sino a querela di falso (Cass.n.3065/2003; Cass.24852/2006 e, più di recente, Cass. 2486/2018, Cass.22058/2019, Cass. 8082/2019”.

10)Appena un mese prima, ovvero il 19 novembre 2019, nella sentenza della Cassazione n.946/2020, avente ad oggetto la notificazione di un atto relativo a pretesa tributaria effettuata dall'Incaricato della riscossione direttamente mediante il servizio postale, notificazione per la quale il contribuente aveva contestato che essa era stata effettuata all'indirizzo del padre diverso dal suo, era affermato che “...sarebbe stato suo (ovvero del contribuente ndr) specifico onere processuale indicare come avesse (rectius: avrebbe, ndr) dimostrato che l'indirizzo proprio e quello del padre differivano, in quanto relativi ad abitazioni diverse, servendosi ad esempio delle certificazioni anagrafiche, mentre...si è limitato ad affermare...”.


2) Prime osservazioni sulle sentenze indicate

Le sentenze indicate nel paragrafo 1), nelle quali si afferma, o si nega implicitamente, la natura di atto pubblico dell'avviso di ricevimento e l'irrilevanza della illeggibilità della firma sullo stesso apposta dal destinatario in caso di notifica a mezzo posta di atti tributari, offrono lo spunto per alcune considerazioni.
Come sarà meglio di seguito indicato la qualificazione di atto pubblico dell'avviso di ricevimento della raccomandata (nonché delle ulteriori  attestazioni) compilato dell'agente postale, è corretta solo nell'ipotesi in cui lo stesso agisca su delega dell'ufficiale giudiziario, ovvero nella sola ipotesi che l'atto tributario sia notificato per posta dall'ufficiale giudiziario (o dal messo delegato per la notifica) poiché l'atto pubblico puo essere redatto unicamente da un pubblico ufficiale (art.2699 c.c.) e non è contestabile che tale qualifica rivesta l'uffficiale giudiziario (v, sentenze n.7 e n.9 indicate nel par.1) e di conseguenza il postino dal primo delegato.  
Nella diversa ipotesi che la notifica sia effettuata dall'ente impositore (o della riscossione) utilizzando direttamente il servizio postale, ipotesi in cui (v. sent. indicata sub 5 del par.1) trovano applicazione le norme sul servizio postale ordinario. l'agente postale è soggetto incaricato di pubblico servizio onde l'avviso di ricevimento non è configurabile come atto pubblico (come definito dall'art.2699 c.c.) ma unicamente come documento redatto dal portalettere da qualificarsi come già detto.
Prima di esaminare le due diverse ipotesi di notifica a mezzo posta degli atti tributari sostanziali si ritiene opportuno rilevare delle incongruenze riscontrabili, ad avviso dello scrivente, in alcune delle sentenze indicate nel paragrafo precedente, e precisamente in quelle di cui ai numeri 3 (la n.19680/20), 4 (la n.14941/20), 6 (la n.8297/20) e 8 (la n.3638/20), nonché nelle sentenze alle quali le stesse rinviano.
La n.3 e la n.4  delle dette sentenze (n.19680/20 e n.14941/20) nella parte in cui  affermano che nell'ipotesi di notifica diretta a mezzo posta l'avviso di ricevimento costituisce atto pubblico e può essere contestato solo con la querela di falso sono, ad avviso dello scrivente, palesemente erronee, come meglio si dirà di seguito.
Erronee sono del pari le sentenze della S.C. n.11708/11 e n.1091/13 nelle quali si sostiene la medesima tesi ed alle quali la sentenza n. 19680 rinvia per confortare le sue affermazioni, mentre corrette sono invece le sentenze n. 632/11 e n.946/20 (le quali sono anch'esse richiamate dalla sentenza 19680/20)  che ammettono la possibilità della prova contraria alle attestazioni contenute nell'avviso di ricevimento della raccomandata postale ordinaria senza nemmeno prospettare la natura di atto pubblico dello stesso.
La sentenza n.6 (n.8297/20) pur dando atto che nella fattispecie sottoposta al suo giudizio si tratta di opposizione avverso intimazione di pagamento relativa a IRPEF per omessa notifica della prodromica cartella, cartella che Equitalia aveva comunicato di avere notificato a mezzo raccomandata (e non tramite messo di notificazione), afferma  che  l'avviso di ricevimento costituisce atto pubblico e indica come precedente la sentenza della S.C. n.8082/19 che fa riferimento a notifica effettuata dall'ufficiale giudiziario ex art.4, comma 3, L.890/82. E' chiaramente evidente  l' erroneità sia della predetta affermazione di atto pubblico dell'avviso di ricevimento sia del riferimento giurisprudenziale.
Nella  sentenza n.8 (n.3638/20) non è contenuta alcuna precisazione in ordine al tipo di notifica a mezzo posta della cartella di pagamento, pur attribuendosi all'avviso di ricevimento della raccomandata la natura di atto pubblico. Tuttavia il rinvio alla sentenza  S.C. n.29022/17, nella quale si tratta di invio diretto di atto tributario, da parte del concessionario, a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento e in cui, pur dopo chiarito che nel caso trovano applicazione le norme sul servizio postale e non quelle di cui alla legge 890/82, si afferma che ogni questione sulla notifica deve essere fatta valere con querela di falso, induce a ritenere che sia erronea anche essa  sentenza, mentre del tutto improprio è il rinvio alla sentenza S.U. n.9962/2010         che è relativa alla notificazione di atto giudiziario (un atto di citazione) effettuata dall' ufficiale giudiziario.

3) L'avviso di ricevimento nella notifica postale

Tanto premesso, si espongono di seguito i motivi per i quali in caso di notifica diretta di atti tributari con impiego della posta da parte dell'ente impositore (o della riscossione) non può giammai ravvisarsi la natura di atto pubblico dell'avviso di ricevimento essendo pertanto da escludere la necessità della querela di falso per contestarne la veridicità.
Come è ben noto la notifica degli atti tributari impositivi  è normalmente eseguita dagli ufficiali giudiziari, messi comunali  o messi speciali, autorizzati  ex art.60 DPR 600/73, secondo le norme del codice di procedra civile. I predetti, se non provvedono a notificare direttamente, utilizzano il servizio postale e l'atto viene spedito  con l'uso della c.d. busta verde (utilizzata per la notifica degli atti giudiziari).
La legge prevede però anche la possibilità, per gli enti impositori (o della riscossione), di notificare gli atti tributari direttamente col mezzo della posta (è utilizzata in tal caso la c.d. busta bianca).
Invero per quanto concerne i tributi erariali (e regionali) l'art.14, primo comma, della legge n.80 del 1982 (intitolata: Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari) testualmente dispone che “La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente deve avvenire con l'impiego di plico sigillato e può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari, nonché, ove ciò risulti impossibile, a cura degli ufficiali giudiziari, dei messi comunali ovvero dei messi speciali autorizzati dall'Amministrazione finanziaria, secondo le modalità previste dalla presente legge”.
Per i tributi degli enti locali la legge n.296/2006 (Finanziaria del 2007) all'art.1, comma 161, testualmente dispone che “Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all'accertamento d'ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato,,,,”
Per le cartelle di pagamento l'art. 26, primo comma, del DPR n.602/73 dispone che “La cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento....”.  
Pertanto, a parte l'ipotesi della notifica  ad opera dell'ufficiale giudiziario (o del messo autorizzato) che provveda esso stesso, nella quale è indiscutibile la natura di atto pubblico della relazione redatta dal notificante,  la notifica a mezzo posta degli atti tributari si può verificare in due ipotesi ovvero: A) che sia l'ufficiale notificatore ad utilizzare il mezzo postale; B) che sia lo stesso ente impositore (o della riscossione) a servirsi direttamente del servizio postale.
Come sarà di seguito esposto, e come del resto risulta dalle sentenze sopra indicate, e segnatamente dalle sentenze della Suprema Corte n.19680/20 (sub n.3) e n.14941/20 (sub4), spesso è stata fatta confusione tra la prima e la seconda ipotesi le quali differiscono tra loro non solo formalmente ma sostanzialmente.

4) L'esclusione della notifica diretta postale per gli avvisi impoesattivi

Ad avviso di chi scrive la notifica diretta col mezzo della posta deve ritenersi esclusa per i c.d. avvisi di accertamento impoesattivi,  ovvero per gli avvisi relativi agli accertamenti tributari emessi dall'Agenzia delle Entrate per i tributi IRPEF, IRAP ed IVA (ed i connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni) a decorrere dal 1 ottobre 2011 e relativi ai periodi di imposta in corso al 31/12/2007 e successivi.
L'esclusione predetta si evince dal testuale disposto del  DL 78/2010 (conv. nella L. 122/2010), intitolato “Concentrazione della riscossione nell'accertamento”, con il quale fu istituito l'avviso di accertamento impoesattivo.
Invero l'art.29, comma 1, lett. a), del predetto D.L. distingue l'avviso di accertamento dai successivi atti nei quali è possibile rideterminare l'importo (per adesione, conciliazione o anche sentenza), disponendo solo per i secondi la possibilità di notifica “anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento”.
(v. su questo stesso sito “La notifica degli avvisi di accertamento impoesattivi “, autore lo scrivente).


5) La notifica postale eseguita dall'ufficiale giudiziario

Dalle disposizioni sulla notifica per posta degli atti tributari eseguita dall'ufficiale giudiziario (o messo autorizzato) contenute nella legge n.890/82, notifica che è effettuata mediante invio di raccomandata postale (busta verde), risulta che è certamente corretto affermare che sia l'avviso di ricevimento che le attestazioni dell'agente postale sul registro di consegna costituiscono atti pubblici.
E' per vero incontestabile che l'ufficiale giudiziario (o il messo notificatore) nell'esercizio delle sue funzioni riveste la qualifica di pubblico ufficiale, in quanto munito di poteri autoritativi e certificativi, onde le  attestazioni che egli compie nell'esercizio delle sue funzioni sono atti pubblici ex art.2699 c.c. muniti della fede privilegiata di cui all'art.2700 c.c.
Poiché, come correttamente rilevano le sentenze indicate in precedenza (v. la sent. Sub 7 n.7495/20 e quella sub 9 n.3421/20, del par.1), la notifica effettuata dall'ufficiale giudiziario a mezzo della posta concerne un'attività legittimamente delegata da esso ufficiale giudiziario, pubblico ufficiale, all'agente postale, ai sensi dell'art.1 L. 890/82, le attestazioni dell'agente postale godono della stessa forza certificatoria di cui è dotata la relazione di una notificazione eseguita direttamente dall'ufficiale giudiziario, ovvero della fede privilegiata che l'art.2700 c.c. attribuisce alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l'agente postale attesta avvenuti in sua presenza, attestazioni e fatti per la cui contestazione è necessario instaurare un apposito procedimento civile mediante la c.d. querela di falso.
Invero, come meglio si dirà di seguito, l'agente postale solo in virtù della delega conferitagli dal pubblico ufficiale può effettuare certificazioni aventi la fede privilegiata dell'atto pubblico poiché in difetto di delega le sue certificazioni costituiscono unicamente documenti provenienti da soggetto incaricato di pubblico servizio.
Correttamente si afferma, quindi, che il pubblico ufficiale è colui che esercita una funzione pubblica con poteri autoritativi e certificativi, mentre l'incaricato di pubblico servizio è colui che, a qualunque titolo, presta un pubblico servizio disciplinato nelle stesse forme della funzione pubblica, ma senza i poteri tipici di quest'ultima.
A questo punto però si impone una precisazione.
L'atto pubblico, che è il documento redatto da un pubblico ufficiale, fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato nonché “delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti” (attt.2699 e 2700 c.c.).
E' evidente pertanto che non è munita dalla tutela privilegiata della fede pubblica non solo l' affermazione che costituisca manifestazione di valutazione effettuata dal p.u. ma nemmeno la verità intrinseca delle dichiarazioni da lui ricevute: se l'ufficiale giudiziario afferma che il soggetto al quale ha consegnato il plico è il portiere perchè lo ha visto uscire dalla guardiola oppure che trattasi di familiare convivente perchè così costui ha dichiarato, le sue affermazioni, in quanto frutto di valutazione o di dichiarazione recepita, possono essere contestate, quanto alla veridicità sostanziale, con qualsiasi mezzo, essendo escluso il ricorso alla querela di falso.
In altri termini la fede attribuita dalla legge all'atto pubblico, contestabile solo a mezzo della querela di falso, concerne le attestazioni relative all'attività svolta dal pubblico ufficiale, alla constatazione dei fatti verificatisi in sua presenza ed al ricevimento delle dichiarazioni resegli ma, per queste, solo limitatamente al contenuto estrinseco, mentre non sono coperte dalla pubblica fede, quanto alla veridicità del contenuto intrinseco, le attestazioni che concernono informazioni da lui assunte o  indicazioni fornitegli da terze persone: anche se dette attestazioni si presumono veridiche esse possono essere superate da prova contraria.

6) La differente disciplina penale tra gli atti pubblici di cui all'art.2966 c.c. e quelli emessi dagli incaricati di pubblico servizio

Altra precisazione si impone in ordine al trattamento penale riservato al pubblico ufficiale che abbia redatto un atto pubblico rispetto a quello riservato  all' incaricato di pubblico servizio per il documento dallo stesso redatto.
Invero ai fini  penalistici il legislatore riserva uguale trattamento sanzionatorio ai pubblici ufficiali ed agli incaricati di pubblico servizio  sia per la falsità documentale materiale (art.476 c.p.) che per quella ideologica (art.479 c.p.), mentre il trattamento penale è diverso e più grave (reclusione da tre a dieci anni ex art. 476, secondo comma, c.p.) se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso (atto questo di cui può essere autore solo un pubblico ufficiale).
Pertanto secondo il codice penale sono atti pubblici  non solo quelli formati  da un pubblico ufficiale ma  anche quelli formati da soggetto incaricato di pubblico servizio e compilati, con le prescritte formalità, per uno scopo di diritto pubblico relativo all'esercizio della propria funzione o del pubblico servizio per comprovare un fatto giuridico o attestare fatti avvenuti in sua presenza o dichiarazioni da lui ricevute.
La differenza però esiste nell'entità della pena (più grave se la falsità concerne l'atto pubblico di cui all'art.2699 c.c). e nella diversa efficacia probante, poichè  mentre  l'atto di cui all'art.2699 c.c. gode di fede privilegiata  contestabile solo con il procedimento previsto per la querela di falso,  gli atti pubblici diversi non godono di tale requisito, onde per essi la contestazione può avvenire con i mezzi ordinari.  
La distinzione operata dal legislatore penale è rilevante poiché, come si dirà di seguito, la notifica eseguita dall'agente postale non delegato dall'ufficiale giudiziario (o dal messo notificatore), non comporta alcun obbligo di relazione e l'avviso di ricevimento (come l' attestazione sul registro di consegna) non costituisce atto avente fede privilegiata ex art.2700 c.c.  
Consegue che in caso di falsità (materiale o ideologica) dell'avviso di ricevimento, o delle altre attestazioni del portalettere, non solo vi è diversità per i mezzi di contestazione (querela di falso solo se l'agente postale è pubblico ufficiale), ma è altresì  prevista  diversità di trattamento penale poichè trova applicazione l'art.476, secondo comma, c.p. (reato commesso da p.u. in atto di cui all'art.2699 c.c ) solo se esso agente postale agisce quale p.u. (su delega dell'ufficiale giudiziario).


7) La firma del destinatario illeggibile nella notifica per posta

Ulteriore riflessione si impone in ordine alle statuizioni contenute nelle sentenze di cui ai numeri  3 e 4 (in precedenza indicate) per quanto concerne l'identificazione del notificatario che abbia apposto una firma illeggibile.  
Giova ricordare che, ai sensi dell'art. 7, comma 3, della L. 890/82 (applicabile, come già detto, alla consegna per posta effettuata dall'ufficiale giudiziario), sia l'avviso di ricevimento che il registro di consegna devono essere sottoscritti dalla persona alla quale è consegnato il piego. Se il piego è  consegnato a persona diversa dal destinatario, alla firma deve seguire la specificazione della qualità del consegnatario e, se trattasi di familiare, l'indicazione di convivente anche se temporaneo.
Orbene nella sentenza sub 3 (che, si ricorda, tratta un caso di notifica diretta) è ben chiarito che  la consegna del piego fu effettuata “a mani di familiare dichiaratosi convivente con il destinatario”: evidentemente l'accertamento dell'agente postale, che secondo la sentenza dovrebbe avere “l'efficacia probatoria di cui all'art.2700 c.c.” (ma così non è trattandosi di dichiarazione resa a soggetto incaricato di pubblico servizio, come già detto) consistette proprio nella ricezione della detta dichiarazione, come di solito del resto avviene nella generalità dei casi e come verosimilmente si verificò anche nell'ipotesi di cui alla sentenza sub 4, poiché non risulta  che, nella normalità dei casi, l'agente postale prima di consegnare il plico si curi di richiedere i documenti di identità ed altro al consegnatario, né peraltro è previsto da alcuna disposizione della disciplina postale che egli abbia tale dovere o potere.
E' di tutta evidenza, a questo punto, che, contrariamente a quanto affermano le sentenze, non è possibile attribuire la fede privilegiata di cui all'art.2700 c.c. ai due documenti non solo perchè, come già evidenziato in precedenza, essi non sono atti pubblici trattandosi di documenti formati da soggetto incaricato di pubblico servizio, ma anche perchè,  se pure potessero  essere considerati atti pubblici (ma trattasi di ipotesi da escludere per quanto già detto)  contengono dichiarazioni  relative a qualità dei notificatari suscettibili di prova contraria da parte dell'interessato, secondo quanto già precisato in precedenza in ordine al valore delle attestazioni del pubblico ufficiale (e tale non è comunque nelle ipotesi l'agente postale), attestazioni che godono della fede privilegiata solo in ordine alla ricezione della dichiarazione del terzo ma non certo quanto al contenuto della stessa
Nella specie, comunque, deve ravvisarsi un caso di nullità della notificazione ex art.160 c.p.c. per incertezza assoluta della persona del consegnatario, non risultando nemmeno la menzione del rapporto di parentela con il destinatario (così Cass.12806/06, 4962/87 1643/79), onde la materiale impossibilità, per il contribuente interessato, di provare il difetto di legittimazione dell'ignoto consegnatario della ricezione del plico.

8) La notificazione postale diretta

Venendo quindi all'esame della notificazione diretta a mezzo posta da parte dell'ente (impositore o riscossore) dell'atto tributario, si osserva quanto segue.
Come correttamente rilevato dalla concorde giurisprudenza (v. tra le tante Cass n.10131/20 sub n.5 del par.1) nell'ipotesi che l'ente si avvalga della facoltà di notificazione semplificata mediante invio diretto della raccomandata (con la busta bianca), senza l'intermediazione dell'ufficiale giudiziario (o del messo notificatore), si applicano le norme che disciplinano il servizio postale ordinario per la consegna delle raccomandate, ovvero il DPR n.156/73 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia postale), il DPR n.655/1982 (Approvazione del regolamento di esecuzione dei libri I e II del codice postale e delle telecomunicazioni), il DM del Ministero delle comunicazioni 09/4/2001 (Approvazione delle condizioni generali del servizio postale), il Decreto 01/10/2008 del Ministero dello Sviluppo Economico (Approvazione delle condizioni generali per l'espletamento del servizio postale universale) e, infine, in seguito al trasferimento all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni della funzione di Autorità di regolamentazione del settore postale, la  delibera 20/6/2013 n. 385/13/Cons (Approvazione, con modifiche, delle condizioni generali di servizio per l'espletamento del servizio universale postale).
Orbene l'applicabilità della normativa che disciplina il servizio di posta ordinaria comporta in primo luogo che l'agente notificatore non riveste la qualifica di pubblico ufficiale ma solo quella di incaricato di pubblico servizio, ovvero di soggetto che esercita (come testualmente recita il comma secondo dell'art.358 c.p.) “un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni d'ordine e della prestazione di opera meramente materiale”.
Dal chiaro testo della norma risulta che il pubblico servizio, pur essendo disciplinato dalla stessa normativa che concerne la pubblica funzione, difetta dei poteri tipici di questa, ovvero difetta dei poteri deliberativi, autoritativi e certificativi.
Quanto alla affermata qualità di incaricato di pubblico servizio che riveste l'agente postale (detto anche postino o portalettere) quando espleta il servizio di posta ordinaria giova richiamare alcune disposizioni relative alla disciplina del servizio postale.
L'art.20 del DM 01/10/2008 (del Ministero dello Sviluppo) disciplinando la firma per ricevuta degli invii raccomandati testualmente dispone che “In caso di impedimento alla firma da parte del destinatario, l'attestazione dell'avvenuta consegna è fornita dall'addetto al recapito in qualità di incaricato di pubblico servizio”.
Parimenti nell' art.21 dell'Allegato A della Delibera n.353/12 CONS (Condizioni per l'espletamento del servizio postale Universale), è testualmente disposto che “Il destinatario di un invio a firma con avviso di ricevimento deve sottoscrivere anche l'avviso. Se la sottoscrizione è rifiutata, la prova della consegna è fornita dall'addetto al recapito, quale incaricato di pubblico servizio”.
E' pur vero che l'art.12 del già citato DPR n.156/73 (T.U. delle disposizioni legislative in materia postale) dispone che “Le persone addette ai servizi postali, di bancoposta....anche se dati in concessione ad uso pubblico, sono considerate pubblici ufficiali od incaricati di pubblico servizio,  secondo la natura delle funzioni loro affidate, in conformità degli articoli 357 e 358 del codice penale”, ma è proprio in considerazione della natura delle dette funzioni che l'agente postale, quando espleta la propria attività secondo la disciplina prevista per la posta ordinaria, deve essere considerato incaricato di pubblico servizio, mentre deve essere invece considerato pubblico ufficiale allorquando, su delega dell'ufficiale giudiziario (o del messo comunale o del messo speciale),  espleta servizio inerente la notificazione di atti a mezzo posta connesso con la notificazione di atti giudiziari di cui alla legge n.890/82, servizi affidati in esclusiva a Poste Italiane  per finalità di ordine pubblico (v. art.21 Delibera n.728/13/CONS della Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni).
Tanto si spiega agevolmente ove si consideri che nella seconda delle due ipotesi predette l'agente postale agisce quale delegato dell'ufficiale giudiziario o del messo di notificazione, operando quindi egli stesso quale pubblico ufficiale e trova conferma nel Dlgs n.261/99 (Attuazione della Direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio) che nell'art. 18 afferma che: “Le persone addette ai servizi postali, da chiunque gestiti, sono considerate incaricate di pubblico servizio in conformità all'art.358 del codice penale” mentre la successiva precisazione secondo la quale “Le persone addette ai servizi di notificazione a mezzo posta sono considerate pubblici ufficiali a tutti gli effetti” ha evidente riferimento agli agenti postali che agiscono su delega degli ufficiali giudiziari.
Si tratta, in effetti, della distinzione di cui si è già detto tra l'ipotesi della notificazione postale diretta ( con utilizzo della busta bianca secondo la normativa del servizio postale ordinario) e quella effettuata con l'intermediazione dell'ufficiale giudiziario (utilizzo della busta verde ed applicabilità della disciplina di cui alla L. n.890/82).
L'erroneità delle sentenze, come quelle indicate nel par.A) ai numeri 3 e 4, nelle quali, vertendosi in casi di notificazioni effettuate direttamente dall'ente impositore a mezzo della posta, si afferma che l'avviso di ricevimento è atto pubblico essendo l'agente postale pubblico ufficiale, è palese ove si consideri:
A) che se fosse vero che l'agente postale è pubblico ufficiale quando compila l'avviso di ricevimento della raccomandata e le altre attestazioni previste dalla normativa sul servizio di posta ordinaria, non avrebbero alcun senso logico le varie sentenze (come quella indicata al n.7 del par.1) in cui si afferma che la natura di atto pubblico dell'avviso di ricevimento si giustifica unicamente perchè concerne “un'attività legittimamente delegata dall'ufficiale giudiziario all'agente postale ai sensi dell'art.1 della legge 20 novembre 1982 n.890”.
E' di tutta evidenza che la predetta giustificazione, che nelle indicate sentenze è bene evidenziata, dovrebbe considerarsi del tutto ultronea se l'agente postale rivestisse di per se la qualità di pubblico ufficiale in ogni caso in cui recapita la corrispondenza raccomandata e compila gli avvisi di ricevimento;
B) che in varie sentenze del Giudice di legittimità, in cui si fa riferimento ad atti tributari notificati direttamente dall'agente postale senza l'intermediazione dell'ufficiale giudiziario, e quindi secondo le previsioni della ordinaria disciplina postale, si afferma che  “l'atto, pervenuto all'indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnato a quest'ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all'art.1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa, nell'impossibilità di prenderne cognizione” (v. par.1, sent n. 5, nonché Cass. 9111/12, 270/12, 20027/11, 17598/10 e 17723/06).
E' anche qui del tutto evidente che quando la notifica avviene in base alle norme che disciplinano l'ordinario servizio postale l'agente postale non è pubblico ufficiale ma solo incaricato di un pubblico servizio e l'avviso di ricevimento che egli redige costituisce solo una prova documentale (e non un atto pubblico ex art.2699 c.c.) che può essere smentita da altre prove senza alcuna necessità di ricorrere alla querela di falso;
C) che anche nelle sentenze della Cassazione penale al portalettere è sempre stata riconosciuta la qualifica di incaricato di pubblico servizio, indipendentemente dalla sua posizione formale all'interno delle Poste Italiane spa e dalla natura del relativo rapporto (Cass. 27981/11), “atteso che lo stesso assume quella qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio in ragione dei compiti di certificazione della consegna e della ricezione della specifica tipologia di corrispondenza in oggetto” (Cass, 46245/12), nonché Cass, 35512/13 in cui si legge “A tale principio si è correttamente attenuta la sentenza impugnata che ha richiamato specificamente la giurisprudenza relativa al portalettere, da qualificare incaricato di pubblico servizio”, e, ancora, nella sentenza n.49843/18 nella quale si legge che: “...neppure può seriamente essere posto in discussione che il portalettere svolga attività propria dell'incaricato di pubblico servizio, in ragione dei compiti di attestazione della consegna e, a monte, della ricezione della specifica tipologia di corrispondenza (la raccomandata assicurata)...”.
Del resto esiste ulteriore argomento che induce ad escludere che all'avviso di ricevimento, compilato in sede di consegna della raccomandata secondo la normativa sul servizio postale ordinario, possa essere riconosciuta la natura dell' atto pubblico di cui all'art.2699 c.c.
Invero l'art.6 del DPR 655/82 dispone che l'avviso di ricevimento, di cui all'art.37 codice postale, è predisposto dall'interessato. Il predetto avviso è quindi inviato al destinatario unitamente alla lettera raccomandata cui si riferisce (ex art.7 DPR cit.) e l'agente postale quando consegna il plico fa firmare l'avviso al destinatario o al consegnatario (art.8 DPR cit.) e di poi provvede a spedire la ricevuta così compilata.
Orbene con il c.d. Decreto Cura Italia ( DPCM emesso il 4 marzo 2020 per fronteggiare l'emergenza dovuta alla crisi pandemica del CORONAVIRUS) nell'art.108, contenente misure urgenti per lo svolgimento del servizio postale, per evitare contatti tra il portalettere e il consegnatario dei plichi raccomandati fu disposto che ”...per lo svolgimento del servizio postale relativo agli invii raccomandati....nonchè per lo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta, di cui alla legge 20 novembre 1982, n.890....gli operatori postali procedono alla consegna dei suddetti invii...mediante preventivo accertamento della presenza del destinatario o di persona abilitata al ritiro, senza raccoglierne la firma con successiva immissione dell'invio nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda, al piano o in altroluogo, presso il medesimo indirizzo, indicato contestualmente dal destinatario o dalla persona abilitata al ritiro. La firma è apposta dall'operatore postale sui documenti di consegna in cui è attestata anche la suddetta modalità di recapito”.
Nel successivo provvedimento emesso da Poste Italiane contenente “Informazioni riguardanti le misure di contenimento del virus COVID-19” furono disposte le  “Modalità di erogazione del servizio di recapito”  nelle quali si legge: “...il portalettere provvederà all'immissione dell'invio nella cassetta domiciliare o in luogo con condizioni minime di sicurezza, informando il destinatario o altra persona abilitata di tale modalità di consegna ed attestandola in qualità di incaricato di pubblico servizio, con la propria firma sui modelli di consegna e gli avvisi di ricevimento....Per le notifiche a mezzo posta, tenuto conto della impossibilità di effettuare il recapito a mano, a tutela della salute dei lavoratori e degli utenti, gli invii saranno direttamente depositati presso gli Uffici Postali e si darà corso agli adempimenti previsti dall'art.8 della legge 890/82 con rilascio di avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento (c.d. CAD)...”.
Come sarà di seguito precisato tra le due notifiche a mezzo posta previste dalla legge (quella diretta e quella tramite ufficiale giudiziario) la c.d. CAD  (Comunicazione di Avvenuto Deposito) è prevista solo per la seconda.
Si deduce pertanto che il Legislatore e lo stesso Ente Poste Italiane non differenziano la consegna delle raccomandate ordinarie da quelle contenenti notifiche dirette di atti tributari sostanziali, indicando per entrambe che il postino fa le attestazioni del caso quale incaricato di pubblico servizio, mentre pone netta distinzione per le notifiche postali attuate a mezzo ufficiale giudiziario, per le quali ultime è espressamente richiamato l'art.8 L.890/82 e la necessità della CAD.  
Da quanto sopra esposto  consegue, come correttamente ritenuto dalle sopra indicate sentenze, che le attestazioni contenute nell'avviso di ricevimento relativo a plico raccomandato notificato dall'ente impositore in via diretta  (senza l'intermediazione dell'ufficiale giudiziario) devono essere valutate presuntivamente come avvenuta ricezione del plico e conoscenza dello stesso ex art.1335 c.c., ovvero come una prova documentale proveniente da un incaricato di pubblico servizio, contestabile con vari mezzi di prova ma senza alcuna necessità di instaurare l'apposito procedimento previsto per la querela di falso dagli artt. 221 e sgg. del codice di procedura civile, procedimento previsto invece per le notifiche postali effettuate tramite ufficiale giudiziario direttamente o con il mezzo della posta.

9) L'irreperibilità relativa del destinatario nella notifica postale

Altra notevole differenza tra le c.d. raccomandate ordinarie (busta bianca) e quelle c.d. per atti giudiziari (busta verde) è rinvenibile nella regolamentazione dell' irreperibilità relativa del destinatario.
Per le notifiche postali effettuate dall'ufficiale giudiziario l'art.8 della legge 890/82 dispone che in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per inidoneità, assenza o rifiuto delle persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario, “il piego è depositato lo stesso giorno presso l'ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza. Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito...è data notizia al destinatario a cura dell'agente postale preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento...”. Si tratta della c.d. CAD (Comunicazione di Avvenuto Deposito).
In questo caso, secondo il disposto del cit. art.8, la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della CAD, a prescindere dal ritiro, o dalla data del ritiro se anteriore.
Dalla predetta data decorrono i termini per l'eventuale impugnazione dell'atto tributario.
Diversamente è disposto per le raccomandate ordinarie (busta bianca): per esse non è prevista alcuna CAD ma unicamente l'invio all'interessato di un c.d. avviso di giacenza immesso nella cassetta postale del destinatario, avviso  nel quale è indicato l'ufficio postale ove può essere ritirato il plico.
Nella detta seconda ipotesi è stato ritenuto che, in applicazione analogica di quanto previsto per le raccomandate per atti giudiziari  dal cit. art. 8, la notificazione si ha per eseguita dalla data dell'immissione dell'avviso di giacenza nella cassetta postale, data attestata dall'agente postale, ovvero dalla data del ritiro del piego se anteriore (così Cass.2047/16, 28872/18, 10037/19).
La predetta seconda forma semplificata di notificazione ha superato il vaglio della Consulta (sentenza n.175/2018) essendo giustificata dal fine di “ assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato”, con la precisazione che l'eventuale scarto tra conoscenza legale e conoscenza effettiva può essere riequilibrato mediante il ricorso alla rimessione in termini di cui all'art.153 c.p.c. richiedibile da chi assuma di non avere avuto conoscenza dell'atto per causa a lui non imputabile.


Giuseppe Di Nardo
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